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Il
riconoscimento che l’Accademia degli Imperfetti si onora di conferire
con cadenza biennale è intitolato a Hesperia, al secolo Olga
Mambelli, diva del cinema muto.
È ben vero
che, nel corso degli anni il premio è stato attribuito ad
artisti segnalatisi in diverse discipline ma lo è altrettanto
che quest’anno la memoria di Hesperia, di quelle sale buie, fumose,
nelle quali venivano un tempo disvelati ad un pubblico sempre
più vasto i misteri dell’amore, della speranza, della gioia,
dello sconforto e della redenzione, aleggia tra noi come mai in
precedenza: Il premio Hesperia viene infatti attribuito ad una persona
che, della settima arte, ben prima di potere immaginare che un mestiere
vero e proprio potesse diventare, ha fatto la propria principale
passione.
Probabilmente
anch’egli irresistibilmente attratto, fin dall’infanzia, dal mistero,
dal sogno, dalla magica possibilità di indirizzare fatti e
sentimenti che il cinema evocava ed evoca.
Si tratta di
Giuseppe Avati, da tutti conosciuto come "Pupi": un grande artista, uno
di quelli che gli americani definiscono “celebrity”, un regista capace
di accompagnare generazioni di spettatori nella scoperta e nel
godimento di quelle emozioni che poc’anzi provavamo a descrivere, un
cineasta in grado di evocare sentimenti teneri e profondi, di
restituire atmosfere, squarci della storia e della evoluzione sociale
con uno stile ed un garbo che, prima di lui, semplicemente, il racconto
cinematografico e televisivo italiano non conosceva.
Non è
possibile con queste poche e forse maldestre parole descrivere,
commentare e neppure sintetizzare la straordinaria esperienza artistica
di Pupi Avati, siamo del resto convinti che il suo lavoro, così
alto e contemporaneamente così popolare, sia ormai talmente
sedimentato nel sentire comune e nello scrigno ove sono conservate le
emozioni di ciascuno di noi da rendere tale iniziativa non altro che
pleonastica.
Siamo di fronte ad
un artista, ad un narratore, ad uno scopritore di talenti, ad un
evocatore di storie ed affabulazioni il cui lavoro ha reso migliori
tutti noi, permettendoci di riflettere sui temi nodali dell’esistenza,
di trarre insegnamento e sollievo dalla magia del suo cinema.
Improntato all’intrattenimento, alla ironia lieve e divertita, alla
scoperta della parte migliore conservata, talvolta stivata all’interno
di ciascun essere umano, con una attenzione frequentemente riservata
alle tradizioni sociali della nostra bella Emilia Romagna, alle sue
campagne, alle abitudini rurali quando non alla magnifica capitale
culturale ed amministrativa della nostra terra, quella Bologna mai
descritta dal cinema altrettanto efficacemente.
Questo
riconoscimento ha anche una orgogliosa ambizione, quella di essere
indirizzato ad una persona che unisce a talento e genialità
fuori del comune una sincera, auto ironica, modestia, modi d’essere che
hanno costantemente consentito a Pupi Avati atteggiamenti e
comportamenti che nulla hanno avuto a che fare con il divismo, l’auto
celebrazione, l’ostentazione di sé.
Il ragazzo che un
tempo invidiava il talento musicale di Lucio Dalla ha presto imparato
che l’umiltà e la coscienza dei propri limiti è la
virtù degli uomini forti e sereni, quelli che sanno trovare
nella condivisione degli affetti semplici e duraturi, nella voglia di
sperimentarsi e mettersi in gioco, nella curiosità inesausta
riferita al fascino ed alla mutevolezza dell’animo umano la propria
cifra esistenziale.
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